La decisione di Donald Trump di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima non è stata una sorpresa, ma mette a rischio lo sforzo diplomatico fatto per arrivare ad un testo condiviso solo 18 mesi fa. Gli Stati Uniti sono il secondo Paese al mondo per emissioni di gas a effetto serra, dunque il ritiro dagli accordi potrebbe avere gravi conseguenze, ma non riuscirà a sabotare un trattato che è già stato ratificato da 150 degli stati firmatari.

Terre Comuni ha più volte rimarcato l’importanza di questo accordo qui, anche ospitando ad Arezzo la presentazione del libro “Un nuovo clima. Come l’Italia affronta la sfida climatica” qui, non semplicemente per le implicazioni globali, ma anche per le ricadute locali che la trasformazione della nostra economia verso una Green Economy può avere nei nostri territori.

La Green Economy è infatti già una realtà che rappresenta oltre 100 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,3% dell’economia nazionale. L’Italia è all’avanguardia per lo sfruttamento del solare, termico e fotovoltaico, per la produzione di biogas e nella geotermia.

In Toscana sono oltre 24mila imprese che hanno investito o investiranno quest’anno in tecnologie e prodotti Verdi e la nostra regione vanta il primato in Italia per il risparmio energetico ottenuto attraverso i certificati bianchi. La ricerca in questo settore, ed il suo finanziamento, anche dai privati, rappresenta un traino importante sia per gli atenei presenti in Toscana che possono contribuire a fornire dati ed indicazioni per la lotta al cambiamento climatico, sia per le imprese locali attraverso processi di trasferimento della conoscenza.

E’ innegabile la forte crescita della produzione italiana da fonti rinnovabili così come è indubbio il valore aggiunto per l’economia nell’incoraggiare scelte in favore della mobilità elettrica e ciclabile nelle nostre città e quali siano le opportunità offerte dalla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio delle nostre città.

Si tratta di investire nel nostro futuro e non è un caso che le aziende di tecnologia che più di altre hanno contribuito in questi anni alla crescita globale, tra queste Adobe, eBay, Facebook, Google, Hewlett Packard, Intel, Microsoft e Tesla sostengano i contenuti dell’accordo. Altrettanto rilevante è che non solo l’industria tecnologica, ma anche le società di energia, come BP, Chevron, Exxon e Shell, abbiano sollecitato il presidente a firmare l’accordo sul clima di Parigi.

E’ probabile che alla fine gli Stati Uniti non si ritirino: i tempi di uscita prevedono infatti che questa non possa avvenire definitivamente prima del 2020, anno delle elezioni presidenziali.

Se questa dovesse comunque avvenire, il resto del mondo do potrà comunque abbandonare una strada ormai intrapresa. Le critiche alla decisione di Trump espresse in questi giorni da parte della Germania, della Francia, dell’Italia e della Cina, e la riaffermazione dell’India per il suo impegno, sembrano andare in questa direzione.