Pochi giorni fa il ministero della Salute ha diffuso l’allarme sul preoccupante aumento del numero di casi di morbillo in Italia: dal 1 gennaio al 26 marzo 2017 sono stati segnalati 1010 casi di morbillo, l’86% dei casi proviene da cinque regioni: Piemonte, Lombardia, Lazio, Toscana e Abruzzo. Si tratta, secondo i dati del ministero, di un aumento di oltre il 230% nei primi mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo il ministero tra le cause di questa nuova diffusione vi è la presenza di sacche di popolazione non vaccinata, dovuta anche al numero crescente di genitori che rifiutano la vaccinazione.

La diffusione del Morbillo che, secondo le stime dell’OMS è la principale causa, in tutto il mondo, di morti prevenibili mediante vaccinazione, sta rapidamente calando grazie all’aumento dei tassi di immunizzazione. Sorprende dunque che, pur in diminuzione al livello globale, la malattia stia crescendo nel nostro Paese. La copertura vaccinale contro il morbillo nei bambini a 24 mesi, nel 2015 (coorte 2013), è stata dell’85,3% lontano dal valore soglia necessaria per arrestare la circolazione del virus, che è del 95%.

Un dato che dovrebbe sollevare ogni dubbio rispetto alla distinzione tra le vaccinazioni obbligatorie (antidifterica-tetanica (DT), antipolio (IPV), antiepatite B (HB)) e quelle raccomandati (morbillo, parotite e rosolia (MPR), pertosse e infezioni da haemophilus influenzae b (Hib)).

Il recente Piano nazionale vaccini 2017-19, che ha avuto a gennaio il via libera all’unanimità della Conferenza delle Regioni, comprende infatti tutte queste vaccinazioni, peraltro già previste da diversi anni in molte regioni, oltre a quelle di nuova introduzione nei Livelli essenziali di assistenza (anti-meningococco B, anti-rotavirus e anti-varicella nei nuovi nati; anti-Hpv nei maschi undicenni; anti-meningococco quadrivalente A-C-W-Y135 e il richiamo anti-polio negli adolescenti; anti-pneumococco e anti-zoster nei 65enni).

I dati

Coperture vaccinali in età pediatrica a 64 mesi

Coperture vaccinali in età pediatrica a 24 mesi

La situazione in Italia

Già nel Regno d’Italia la Legge sanitaria del Regno di Italia del 22 dicembre 1888 prevedeva l’obbligo di vaccinazione antivaiolosa per tutti i nuovi nati.

Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1967, fino al 1999, le scuole pubbliche e private non potevano ammettere gli alunni che non comprovassero, con la presentazione di certificato rilasciato ai sensi di legge, di essere stati sottoposti alle vaccinazioni e rivaccinazioni obbligatorie. Il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1999, n. 355, ha trasformato quest’obbligo in una facoltà.

Oggi, dopo 15 anni si torna a discutere dell’ipotesi di tornare alla obbligatorietà a livello nazionale visto anche il calo delle vaccinazioni, che secondo i dati più recenti sono sotto la soglia minima raccomandata dall’OMS che pone il 95% della popolazione e solo 6 regioni in Italia riescono a superare questa soglia.

Secondo quanto riportato dal piano vaccinale 2017 – 2019:

“In particolare, nel 2015 la copertura media per le vaccinazioni contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse e Haemophilus influenzae tipo b è stata del 93,4% (94,7%, 95,7%, 96,1 rispettivamente nel 2014, 2013 e 2012). Sebbene esistano importanti differenze tra le regioni, solo 6 riescono a superare la soglia del 95% per la vaccinazione anti-polio, mentre 11 sono addirittura sotto il 94%.”

Al momento è stato raggiunto l’accordo tra il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e gli assessori delle Regioni e delle Province autonome che mira ad eliminare le disparità attualmente esistenti tra le Regioni in tema di vaccinazioni.

Al Senato è stato depositato un ddl a firma Puglisi che propone la modifica dell’articolo 47 del D.P.R. 22 dicembre 1967 prevedendo che “al fine di tutelare la salute dei cittadini, costituisce requisito necessario per l’accesso ai servizi educativi pubblici e privati e alle scuole di ogni ordine o grado, statali, paritarie private e degli enti locali, l’aver assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”.

Regioni:

Ad oggi l’Emilia Romagna è la prima Regione ad aver varato una legge sull’obbligatorietà delle vaccinazioni per poter frequentare gli asili nido. La norma introduce come requisito d’accesso a quegli stessi servizi, pubblici e privati, “l’avere assolto gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente”, e quindi aver somministrato ai minori l’antipolio, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B.

Anche il comune di Trieste ha varato un provvedimento che rende per l’iscrizione agli asili comunali e convenzionati l’obbligo di vaccinazione antidifterica, antitetanica, antipoliomietica e antiepatite B. La deliberazione del Consiglio Comunale di Trieste ha introdotto dunque l’obbligo delle vaccinazioni quale requisito d’accesso ai nidi e alle scuole d’infanzia comunali e convenzionate. Una sentenza del Tar per il Friuli Venezia Giulia ha poi respinto il ricorso presentato nelle settimane scorse da due famiglie contro la delibera.

In Toscana la giunta regionale ha varato la proposta di legge, che prevede l’obbligo di avere effettuato non solo le vaccinazioni obbligatorie, ma anche quelle raccomandate dal Piano nazionale prevenzione vaccinale come requisito per l’iscrizione ai nidi d’infanzia, ai servizi integrativi per la prima infanzia e alla scuola dell’infanzia.

Il provvedimento oltre alle 4 vaccinazioni obbligatorie (contro il tetano, poliomielite, difterite e epatite b), richiede che siano eseguite anche le altre 9 raccomandate (contro morbillo, parotite, rosolia, varicella, pertosse, haemophilus influenzae, meningococco B, meningococco C, pneumococco).

Giurisprudenza

Obbligo vaccinale: è costituzionalmente legittimo

“la semplice negazione, per convinzione, dell’esistenza dell’obbligo o il timore generico di un pregiudizio per il minore non possono essere ritenute esimenti dalla costrizione di eseguire le vaccinazioni; vaccinale” Cassazione civile, sezione I, 8 luglio 2005, n. 14384

“solo la prospettazione di specifiche ragioni che nel singolo caso rendono la vaccinazione pericolosa e la dimostrazione di controindicazioni, desunte dalla valutazione dello stato di salute del soggetto da vaccinare […] possono giustificare il mancato adempimento alle norme in materia di obbligo” Cassazione civile, sezione I, 18 luglio 2003, n. 11226

“Non può essere invocato, quale esimente, lo stato di necessità per evitare un possibile futuro pericolo alla salute del minore, eventualmente derivante dalle conseguenze del vaccino stesso, in quanto lo stato di necessità postula che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e sia imminente il danno che può derivare” Cassazione civile, sezione I, 24 marzo 2004, n. 5877