Il 2017 per nostra regione dovrebbe confermare l’uscita progressiva dalla lunga crisi ha colpito il Paese. Secondo le stime dell’Irpet la crescita del PIL toscano sarà compresa tra l’1 e l’1,1%, superiore alle stime sulla crescita italiana che nel 2017 sarà dello 0,7-0,8%, andando a confermare il dato del 2016.
Se la Toscana riesce ad essere una delle regioni più dinamiche del Paese, il dato però confrontato con le altre realtà europee risulta ancora debole. Non solo, così come l’Italia presenta fortissime differenze al livello regionale, con un indice di disparità territoriale che è cresciuto in maniera significativa negli anni della crisi, la Toscana al suo interno, presenta forti differenziali tra le diverse aree.
In questi anni, la crescita delle esportazioni è riuscita a compensare il calo dei consumi interni e degli investimenti. Anche per questo la crisi ha avuto effetti differenti sui sistemi economici locali. Anche i dati positivi registrati nella seconda parte del 2016 devono essere contestualizzati in un quadro variegato: 1) aumento del numero delle imprese iscritte alla Camera di commercio; 2) crescita delle esportazioni (valgono 33 miliardi e tra il 2008 e il 2015 sono cresciute in valore del 25%); 3) aumento del tasso di attività (72,6% rispetto al 64,7% in Italia).
La resilienza del tessuto economico di alcune realtà della nostra Regione rispetto alla crisi è il frutto di dinamiche avvenute negli ultimi decenni. La cosiddetta Terza Italia, di cui la Toscana fa parte, ha fondato il proprio sviluppo su piccole e piccolissime imprese con un forte radicamento territoriale. Questo ha consentito un processo di industrializzazione anche in centri medio piccoli, garantendo un’elevata qualità della vita e la formazione di realtà distrettuali su cui si è fondata anche l’industria locale. Negli anni ‘80, si è avviato un processo di “terziarizzazione” dell’industria, che ha visto aumentare l’offerta di servizi da parte delle imprese industriali seguendo l’incremento degli scambi di beni e servizi intermedi al livello internazionale, proprio quando in altre regioni si era ancora nel pieno crescita industriale. Un processo che ha consentito a molte imprese di inserirsi nella catena globale di valore e di essere capaci di rispondere alla domanda di servizi avanzati. Così la Toscana ha contrastato i contraccolpi della crisi meglio rispetto alle altre regioni dell’Italia centrale, e tra il 2007 ed il 2014 ha perso complessivamente 6,7 punti percentuali di PIL, che sono molti, e tuttavia meno della media nazionale (-9,0%), delle Marche (-13,1%) o dell’Umbria (-14,5%).
In questo quadro la Toscana del Sud, intesa come l’area che include Piombino, la provincia di Grosseto e i comuni a sud di Siena, cresce molto meno delle altre parti della regione. Qui il Pil medio è del 15% inferiore a quello toscano e il calo del valore aggiunto tra il 2008 ed il 2014 è stato molto più significativo rispetto alla Toscana del centro nord. Il valore aggiunto pro capite nel 2014 vede Firenze la provincia di Firenze (31 mila euro) ben al disopra della media regionale (26 mila euro) e Grosseto (20 mila euro) molto al di sotto. Anche il tasso di occupazione che nel 2015 in Toscana era del 64,8% vede differenze con al livello provinciale con le province di Firenze (67%), Siena (66,9%) sopra la media regionale.
Affrontare le divergenze all’interno della nostra regione diventa dunque una priorità, facendo leva, nelle aree più in difficoltà, sui settori che hanno più opportunità di crescita come l’agroalimentare e il turismo, innovando i processi di produzione e di commercializzazione dei prodotti ed aprendo all’innovazione ed all’internazionalizzazione nei servizi turistici. Infine favorendo investimenti (pubblici e privati) su quei servizi superiori che sono strategici per l’industria manifatturiere e che richiedono un alto contenuto di conoscenza e qualità delle risorse umane.